sabato 7 marzo 2015

20 serie tv che ti hanno catturato già dalla prima scena.

House of Cards.


Notte. Il rumore di un incidente d’auto. Il guaito di un cane in agonia. Lo stridio di una sgommata e il conducente accelera andando via. Non abbiate paure: il buon vicino Frank Underwood è qui. Esce da casa sua, si inginocchia vicino al cane morente, e da solo, confida alla telecamera, “Momenti come questo richiedono qualcuno che agisca, che faccia la cosa che nessuno vorrebbe fare, la cosa necessaria”. Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: a volte bisogna strangolare un povero cucciolo (o la Costituzione) per fare ciò che è necessario.

Lost.


Un uomo apre gli occhi e si ritrova in bosco, circondato da alberi. Sembra completamente disorientato, indossa un abito elegante ed è coperto di graffi, ma non sappiamo ancora perché. Questo primo mistero è già intrigante, poi l’uomo, il quale scopriamo chiamarsi Jack, corre verso una spiaggia, dove cerca di aiutare gli altri sopravvissuti dell’aeroplano che si è appena schiantato. Quei primi minuti sono assolutamente convincenti, senza dare ai telespettatori altra scelta se non continuare a guardare e scoprire quello che è andato storto.

The Walking Dead.


La tranquilla macchina da presa, le cicale, lo strano genere di cocktail di John Ford e “Mad Max”: è tutto lì nel prologo, un viaggio verso il distributore di benzina che non è vuoto come sembra. La sequenza cinematografica è praticamente senza dialoghi, culminante con la terrificante bambina-zombie bionda e il suo orsacchiotto, il suo cervello corroso esplode sul terreno con il primo dei molti colpi della pistola di Rick Grimes.

Game of Thrones.


La cosa geniale del brutale inizio di “Game of Thrones, è come viene perfettamente incorniciato il grande arco apocalittico della serie. Si, la maggior parte del nostro tempo sarà speso con i piccoli nobili, in lotta per una sedia di metallo, e tutto sembrerà molto importante. Ma ciò di cui tutti dovrebbero preoccuparsi sono gli zombie di ghiaccio.

Arrested Development.


Ecco come colpire il suolo correndo e urlando. In poco più di due minuti, “Arrested” introduce Michael Bluth, i suoi inutili fratelli, e quei narcisisti dei suoi genitori, ognuno con il loro punto di egoismo. Fin dall’inizio, è chiara la catena di eventi dello show, doppi sensi, spaccati del passato, “un trucco è qualcosa che una prostituta fa per soldi”.

Breaking Bad.


Un paio di pantaloni fluttuanti. Un uomo in mutande e con una maschera antigas vaga lungo una strada deserta con un camper. Un video messaggio registrato per la sua famiglia. Una pistola. L’iconico inizio di questa serie mostra Walter White in uno dei suoi momenti più disperati, quando somiglia ancora a Mr. Chips più che a Scarface. Misteriosa, magnificamente girata e con un’elevatissima suspance, questa scena ti fa capire la strada che questa serie ha intenzione di intraprendere, e fornisce i primi momenti di definizione della trasformazione di Walter White in Heisenberg.

Better Call Saul.


Da qualche parte in Omaha, una pasta appiccicosa viene lavorata su un piano da lavoro industriale e stesa con pasta di zucchero e cannella; senza fretta, qualcuno arrotola l’impasto e taglia il rotolo a fette, pronte per diventare pasticcini. In sottofonda suona il jukebox. Lo spettatore potrebbe chiedersi cosa sta succedendo, quando ecco che appare quella testa familiare con pochi capelli, che spuntano da sotto il berretto di un dipendente. La sequenza iniziale dello spin-off di “Breaking Bad” non spiega perché (o quando) Saul Goodman sta lavorando in un Cinnabon, o perché è così sconvolto dalle interazioni con i clienti. Ma subito rassicura i telespettatori che stanno tornando nel sorprendente universo di BrBa.

30 Rock.


La sequenza di apertura di questa comedy vincitrice di diversi Emmy, introduce la nostra nevrotica eroina, Liz Lemon, nel modo più Liz Lemon-oso possibile, avendo il suo scontro per strada con uno sconosciuto, come il galateo insegna. Entro il primo minuto dello show, abbiamo già capito due cose su Liz: ama gli hot-dog e segue sempre le regole. Quando un uomo rude le taglia la strada davanti allo stand degli hot-dog, si alza in piedi e compra tutti gli hot-dog dello stand per sé e per la brava gente di New York.

Mad Men.


Dopo sette stagioni, “Mad Men” è famoso per la sua mancanza di esposizione narrativa. Ma la sua prima scena, in cui un uomo misterioso si siede in un bar affumicato per buttare giù delle idee per una pubblicità di sigarette, rivela che la serie di Matthew Weiner ambientata negli anni ’60 ha indossato sin da subito il suo stile sobrio e confidenziale. Come introduzione, Weiner offre solo una definizione del termine “Mad Man” che gli stessi dirigenti dell’agenzia pubblicitaria hanno coniato; e questo è tutto quello che dovete sapere per comprendere il mondo di “Mad Men”.

Scandal.


La Washington di Oliva Pope è piena di bugie, schemi, politica, omicisi, amore e lussuria e non solo. Olivia si muove un miglio al minuto, che è il motivo per cui la scena iniziale di “Scandal” è la perfetta introduzione al suo mondo. Quando Quinn si fa strada nel bar per incontrare Harrison, viene subito introdotta nel frenetico mondo del processo decisionale degli OPA. Dopo tutto non c’è tempo da perdere quando si è, come dice Harrison, un “gladiatore in doppio petto”.

Deadwood.


“La legge non è uguale per tutti”, dice il condannato. Lo sceriffo Bullock sta facendo una bella chiacchierata con il prigioniero. L’uomo spara a Bullock, senza grossi rimpianti: “La ferita non sembra infetta”. Impariamo un po’ di cose sulla città di Deadwood, un luogo nel territorio indiano, nel bel mezzo di una miniera d’oro. Ma poi un paio di ubriaconi arrivano in città, cercando di uccidere il prigioniero prima della sua esecuzione. Invece, Bullock blocca l’uomo sui gradini della prigione, un gesto che, nella stramba logica dello show, sembra quasi una gentilezza.

Sex and the City.


Risposta: Sarah Wynter. Domanda: Chi è la prima persona a fare sesso in “Sex and the City?” Wynter è una ragazza di Londra che arriva a New York, e come narrato da Carrie Bradshaw, vive una breve storia di intrighi romantici che distruggono completamente e in breve tempo il mito della Principessa e di New York. “Nessuno le aveva raccontato la fine dell’amore a Manhattan”, conclude Carrie. È un ottimo inizio per una serie che avrebbe distrutto tutte le vecchie favole romantiche.

Battlestar Galactica.


Come si ripropone una grande saga nerd con robot stravaganti e piloti impertinenti che li combattono? La mini-serie del 2003inizia con cose cupe, riprese statiche di una spazione spaziale, resti di una guerra combattuta tempo addietro e del suo “armistizio”. Poi, la battuta finale: l’arriva di una bella donna, vestita di rosso dalla testa ai piedi. “Sei vivo?”, chiede lei. Mentre bacia l’ignaro rappresentante della razza umana, una navicella Cylon incredibilmente massiccia appare nello spazio oscuro. Esplosioni.

Hannibal.


La chiave per un buon progetto su Hannibal Lecter è assicurarsi che il pubblico si affezioni ai personaggi non cannibali. Dopo tutto, Anthony Hopkins è sullo schermo per appena 16 minuti ne “Il Silenzio degli Innocenti”; questo è il film di Jodie Foster da trasformare. E allo stesso modo, se Bryan Fuller di “Hannibal” stava andando a lavorare, gli spettatori dovevano essere coinvolti nel Will Graham di Hugh Dancy. Fortunatamente, la scena di apertura fa un ottimo lavoro nel mostrare ciò che ci dovrebbe interessare di lui. Stando da solo in piedi su una scena del crimine, Graham chiude gli occhi e usa le prove per ricreare mentalmente l’omicidio, usando se stesso per interpretare la parte dell’assassino. E’ così interessante e strano che non ci importi che il cattivo Mads Mikkelsen non appaia nei primi 20 minuti.

Kingdom.


Nei primi minuti, “Kingdom” racconta agli spettatori tutto quello che devono sapere su Alvey Kulina e il mondo in cui vive, e lo fa con pochissimi dialoghi. Una serie su un ex padre e praticante di arti marziali che ora dirige una palestra MMA a Venezia, in California, inizia con Alvey su una pista, allenandosi come un qualsiasi atleta professionista farebbe. Ma quando si imbatte in due gangster che puntano le loro pistole contro di lui, le cose sembrano prendere una brutta piega. Almeno fino a quando Alvey, completamente soggiogato dalla situazione di pericolo, li atterra entrambi con pugni e calci e ginocchiate. Da lì, scrolla le spalle e torna alla sua corsetta come nulla fosse. Benvenuti in “Kingdom”.

Six Feet Under.


“Six Feet Under” è una serie sulla morte, quindi è giusto che il protagonista, patriarca della famiglia Fisher, muoia nei primi minuti dello show (mentre guida il nuovo carro funebre e canta “Sarò a casa per Natale”). Subito, lo spettacolo chiarisce che non bisogna aver paura dell’oscurità, e che i telespettatori stanno per essere coinvolti nel doloroso ma affascinante mondo dei Fisher.

The Americans.


È forse appropriato che i primi minuti di “The Americans” siano una falsa partenza. Elizabeth, con una parrucca bionda, è in modalità seduzione. Mentre zittisce un uomo che parla del modo di vivere degli americani, strusciandogli addosso, il rullo di tamburi del “Tusk” di Fleetwood comincia a suonare. Saltando a tre giorni dopo, “Tusk” è ancora in sottofondo, ed Elizabeth, completamente trasformata, e Philip stanno cercando di catturare qualcosa. La scena non è solo un’intricata sequenza d’azione, perfettamente riuscita, stabilisce anche chi sono le Jennings, cosa fanno, come lo fanno, così come la loro dinamica personale. Elizabeth è concentrata sul completamento della missione; Philip è leggermente più umano.

The Returned.


“Les Revenants”, uno spettacolo francese che parla di morti che tornano inspiegabilmente in vita, inizia piuttosto banalmente: la videocamera mette a fuoco una cupa adolescente che guarda fuori dal finestrino di un autobus pieni di altri ragazzi. Guarda i paesaggi circostanti, splendidi e sereni. E poi il bus va fuori strada e si schianta, interrompendo efficacemente la calma. È incredibilmente stridente, sì, ma anche stranamente bella, proprio come il resto della serie.

The Wire.


La prima scena di “The Wire” non è particolarmente entusiasmante; è solo una conversazione tra il detective James McNulty e l’uomo che ha visto Omar Isaia Betts sparare dopo una colluttazione. Ciò che lo rende ironico, però, è l’abile modo in cui offre una dichiarazione valida per l’intera serie, rispondendo ad una semplice domanda: perché lasciar giocare ad Omar una partita in cui tutti sapevano che avrebbe barato? “Devo”, risponde il testimone, soprendendo McNulty. “Questa è l’America, amico”.

The West Wing.



Questa apertura ha così tanto successo per quello che non fa vedere. Una serie di personaggi, che il pubblico amerà sempre di più, viene mostrata in vari momenti della giornata: in palestra, al bar, su un aereo, addormentato in ufficio. Ma un messaggio li unisce tutti, quando un uomo di nome Potus colpisce un albero. Ma Potus risulta essere il POTUS, cioè il Presidente degli Stati Uniti d’America. E improvvisamente, lo spettatore realizza che le puntate della serie sono tutt’altro che lente. Si tratta di un inizio brillante, che definisce il segno dei personaggi e i ritmi di dialogo di “The West Wing”, prima ancora di mettere piede alla Casa Bianca.

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