House of Cards.
Notte. Il rumore di un incidente d’auto. Il guaito
di un cane in agonia. Lo stridio di una sgommata e il conducente accelera
andando via. Non abbiate paure: il buon vicino Frank Underwood è qui. Esce da
casa sua, si inginocchia vicino al cane morente, e da solo, confida alla
telecamera, “Momenti come questo richiedono qualcuno che agisca, che faccia la
cosa che nessuno vorrebbe fare, la cosa necessaria”. Il messaggio non potrebbe essere
più chiaro: a volte bisogna strangolare un povero cucciolo (o la Costituzione)
per fare ciò che è necessario.
Lost.
Un uomo apre gli occhi e si ritrova in bosco,
circondato da alberi. Sembra completamente disorientato, indossa un abito
elegante ed è coperto di graffi, ma non sappiamo ancora perché. Questo primo
mistero è già intrigante, poi l’uomo, il quale scopriamo chiamarsi Jack, corre
verso una spiaggia, dove cerca di aiutare gli altri sopravvissuti
dell’aeroplano che si è appena schiantato. Quei primi minuti sono assolutamente
convincenti, senza dare ai telespettatori altra scelta se non continuare a
guardare e scoprire quello che è andato storto.
The Walking Dead.
La tranquilla macchina da presa, le cicale, lo
strano genere di cocktail di John Ford e “Mad Max”: è tutto lì nel prologo, un
viaggio verso il distributore di benzina che non è vuoto come sembra. La
sequenza cinematografica è praticamente senza dialoghi, culminante con la
terrificante bambina-zombie bionda e il suo orsacchiotto, il suo cervello
corroso esplode sul terreno con il primo dei molti colpi della pistola di Rick
Grimes.
Game of Thrones.
La cosa geniale del brutale inizio di “Game of
Thrones, è come viene perfettamente incorniciato il grande arco apocalittico
della serie. Si, la maggior parte del nostro tempo sarà speso con i piccoli
nobili, in lotta per una sedia di metallo, e tutto sembrerà molto importante.
Ma ciò di cui tutti dovrebbero preoccuparsi sono gli zombie di ghiaccio.
Arrested Development.
Ecco come colpire il suolo correndo e urlando. In
poco più di due minuti, “Arrested” introduce Michael Bluth, i suoi inutili
fratelli, e quei narcisisti dei suoi genitori, ognuno con il loro punto di
egoismo. Fin dall’inizio, è chiara la catena di eventi dello show, doppi sensi,
spaccati del passato, “un trucco è qualcosa che una prostituta fa per soldi”.
Breaking Bad.
Un paio di pantaloni fluttuanti. Un uomo in mutande
e con una maschera antigas vaga lungo una strada deserta con un camper. Un
video messaggio registrato per la sua famiglia. Una pistola. L’iconico inizio
di questa serie mostra Walter White in uno dei suoi momenti più disperati,
quando somiglia ancora a Mr. Chips più che a Scarface. Misteriosa,
magnificamente girata e con un’elevatissima suspance, questa scena ti fa capire
la strada che questa serie ha intenzione di intraprendere, e fornisce i primi
momenti di definizione della trasformazione di Walter White in Heisenberg.
Better Call Saul.
Da qualche parte in Omaha, una pasta appiccicosa
viene lavorata su un piano da lavoro industriale e stesa con pasta di zucchero
e cannella; senza fretta, qualcuno arrotola l’impasto e taglia il rotolo a
fette, pronte per diventare pasticcini. In sottofonda suona il jukebox. Lo
spettatore potrebbe chiedersi cosa sta succedendo, quando ecco che appare
quella testa familiare con pochi capelli, che spuntano da sotto il berretto di
un dipendente. La sequenza iniziale dello spin-off di “Breaking Bad” non spiega
perché (o quando) Saul Goodman sta lavorando in un Cinnabon, o perché è così
sconvolto dalle interazioni con i clienti. Ma subito rassicura i telespettatori
che stanno tornando nel sorprendente universo di BrBa.
30 Rock.
La sequenza di apertura di questa comedy vincitrice
di diversi Emmy, introduce la nostra nevrotica eroina, Liz Lemon, nel modo più
Liz Lemon-oso possibile, avendo il suo scontro per strada con uno sconosciuto,
come il galateo insegna. Entro il primo minuto dello show, abbiamo già capito
due cose su Liz: ama gli hot-dog e segue sempre le regole. Quando un uomo rude
le taglia la strada davanti allo stand degli hot-dog, si alza in piedi e compra
tutti gli hot-dog dello stand per sé e per la brava gente di New York.
Mad Men.
Dopo sette stagioni, “Mad Men” è famoso per la sua
mancanza di esposizione narrativa. Ma la sua prima scena, in cui un uomo
misterioso si siede in un bar affumicato per buttare giù delle idee per una
pubblicità di sigarette, rivela che la serie di Matthew Weiner ambientata negli
anni ’60 ha indossato sin da subito il suo stile sobrio e confidenziale. Come introduzione,
Weiner offre solo una definizione del termine “Mad Man” che gli stessi
dirigenti dell’agenzia pubblicitaria hanno coniato; e questo è tutto quello che
dovete sapere per comprendere il mondo di “Mad Men”.
Scandal.
La Washington di Oliva Pope è piena di bugie,
schemi, politica, omicisi, amore e lussuria e non solo. Olivia si muove un
miglio al minuto, che è il motivo per cui la scena iniziale di “Scandal” è la
perfetta introduzione al suo mondo. Quando Quinn si fa strada nel bar per
incontrare Harrison, viene subito introdotta nel frenetico mondo del processo
decisionale degli OPA. Dopo tutto non c’è tempo da perdere quando si è, come
dice Harrison, un “gladiatore in doppio petto”.
Deadwood.
“La legge non è uguale per tutti”, dice il
condannato. Lo sceriffo Bullock sta facendo una bella chiacchierata con il
prigioniero. L’uomo spara a Bullock, senza grossi rimpianti: “La ferita non
sembra infetta”. Impariamo un po’ di cose sulla città di Deadwood, un luogo nel
territorio indiano, nel bel mezzo di una miniera d’oro. Ma poi un paio di
ubriaconi arrivano in città, cercando di uccidere il prigioniero prima della
sua esecuzione. Invece, Bullock blocca l’uomo sui gradini della prigione, un
gesto che, nella stramba logica dello show, sembra quasi una gentilezza.
Sex and the City.
Risposta: Sarah
Wynter. Domanda:
Chi è la prima persona a fare sesso in “Sex and the City?” Wynter è una ragazza
di Londra che arriva a New York, e come narrato da Carrie Bradshaw, vive una
breve storia di intrighi romantici che distruggono completamente e in breve
tempo il mito della Principessa e di New York. “Nessuno le aveva raccontato la
fine dell’amore a Manhattan”, conclude Carrie. È un ottimo inizio per una serie
che avrebbe distrutto tutte le vecchie favole romantiche.
Battlestar Galactica.
Come si ripropone una grande saga nerd con robot
stravaganti e piloti impertinenti che li combattono? La mini-serie del 2003inizia
con cose cupe, riprese statiche di una spazione spaziale, resti di una guerra
combattuta tempo addietro e del suo “armistizio”. Poi, la battuta finale: l’arriva
di una bella donna, vestita di rosso dalla testa ai piedi. “Sei vivo?”, chiede
lei. Mentre bacia l’ignaro rappresentante della razza umana, una navicella
Cylon incredibilmente massiccia appare nello spazio oscuro. Esplosioni.
Hannibal.
La chiave per un buon progetto su Hannibal Lecter è
assicurarsi che il pubblico si affezioni ai personaggi non cannibali. Dopo tutto,
Anthony Hopkins è sullo schermo per appena 16 minuti ne “Il Silenzio degli
Innocenti”; questo è il film di Jodie Foster da trasformare. E allo stesso
modo, se Bryan Fuller di “Hannibal” stava andando a lavorare, gli spettatori
dovevano essere coinvolti nel Will Graham di Hugh Dancy. Fortunatamente, la
scena di apertura fa un ottimo lavoro nel mostrare ciò che ci dovrebbe
interessare di lui. Stando da solo in piedi su una scena del crimine, Graham
chiude gli occhi e usa le prove per ricreare mentalmente l’omicidio, usando se
stesso per interpretare la parte dell’assassino. E’ così interessante e strano
che non ci importi che il cattivo Mads Mikkelsen non appaia nei primi 20
minuti.
Kingdom.
Nei primi minuti, “Kingdom” racconta agli spettatori
tutto quello che devono sapere su Alvey Kulina e il mondo in cui vive, e lo fa
con pochissimi dialoghi. Una serie su un ex padre e praticante di arti marziali
che ora dirige una palestra MMA a Venezia, in California, inizia con Alvey su
una pista, allenandosi come un qualsiasi atleta professionista farebbe. Ma quando
si imbatte in due gangster che puntano le loro pistole contro di lui, le cose
sembrano prendere una brutta piega. Almeno fino a quando Alvey, completamente
soggiogato dalla situazione di pericolo, li atterra entrambi con pugni e calci
e ginocchiate. Da lì, scrolla le spalle e torna alla sua corsetta come nulla
fosse. Benvenuti in “Kingdom”.
Six Feet Under.
“Six Feet Under” è una serie sulla morte, quindi è
giusto che il protagonista, patriarca della famiglia Fisher, muoia nei primi
minuti dello show (mentre guida il nuovo carro funebre e canta “Sarò a casa per
Natale”). Subito, lo spettacolo chiarisce che non bisogna aver paura dell’oscurità,
e che i telespettatori stanno per essere coinvolti nel doloroso ma affascinante
mondo dei Fisher.
The Americans.
È forse appropriato che i primi minuti di “The
Americans” siano una falsa partenza. Elizabeth, con una parrucca bionda, è in
modalità seduzione. Mentre zittisce un uomo che parla del modo di vivere degli americani,
strusciandogli addosso, il rullo di tamburi del “Tusk” di Fleetwood comincia a
suonare. Saltando a tre giorni dopo, “Tusk” è ancora in sottofondo, ed
Elizabeth, completamente trasformata, e Philip stanno cercando di catturare
qualcosa. La scena non è solo un’intricata sequenza d’azione, perfettamente
riuscita, stabilisce anche chi sono le Jennings, cosa fanno, come lo fanno, così
come la loro dinamica personale. Elizabeth è concentrata sul completamento
della missione; Philip è leggermente più umano.
The Returned.
“Les Revenants”, uno spettacolo francese che parla
di morti che tornano inspiegabilmente in vita, inizia piuttosto banalmente: la
videocamera mette a fuoco una cupa adolescente che guarda fuori dal finestrino
di un autobus pieni di altri ragazzi. Guarda i paesaggi circostanti, splendidi
e sereni. E poi il bus va fuori strada e si schianta, interrompendo efficacemente
la calma. È incredibilmente stridente, sì, ma anche stranamente bella, proprio
come il resto della serie.
The Wire.
La prima scena di “The Wire” non è particolarmente
entusiasmante; è solo una conversazione tra il detective James McNulty e l’uomo
che ha visto Omar Isaia Betts sparare dopo una colluttazione. Ciò che lo rende
ironico, però, è l’abile modo in cui offre una dichiarazione valida per l’intera
serie, rispondendo ad una semplice domanda: perché lasciar giocare ad Omar una
partita in cui tutti sapevano che avrebbe barato? “Devo”, risponde il
testimone, soprendendo McNulty. “Questa è l’America, amico”.
The West Wing.
Questa apertura ha così tanto successo per quello
che non fa vedere. Una serie di personaggi, che il pubblico amerà sempre di
più, viene mostrata in vari momenti della giornata: in palestra, al bar, su un
aereo, addormentato in ufficio. Ma un messaggio li unisce tutti, quando un uomo
di nome Potus colpisce un albero. Ma Potus risulta essere il POTUS, cioè il
Presidente degli Stati Uniti d’America. E improvvisamente, lo spettatore
realizza che le puntate della serie sono tutt’altro che lente. Si tratta di un
inizio brillante, che definisce il segno dei personaggi e i ritmi di dialogo di
“The West Wing”, prima ancora di mettere piede alla Casa Bianca.
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