venerdì 6 marzo 2015

"ALPINE SHEPHERD BOY" - Recensione 1x05 Better Call Saul

Innanzitutto, devo chiedervi scusa per non aver scritto la recensione dell’episodio 1x04, “Hero”, ma purtroppo (e lo sottolineo volutamente) oltre il blog ho altre cose a cui pensare. Ma cercherò subito di rimediare, con la recensione del quinto episodio di Better Call Saul, “Alpine Shepherd Boy”.

Una caratteristica di questo telefilm che ho notato sin dal primo episodio e di cui ho trovato conferma anche in quest’ultima puntata, è la lentezza della narrazione. Ma alla parola “lentezza” non voglio assolutamente dare un senso negativo, anzi! Non è cosa da tutti saper gestire un episodio lento, ci vuole pochissimo per sfociare nella monotonia, ma in questa serie il regista e gli sceneggiatori portano avanti gli episodi in maniera egregia, senza mai un punto morto o una scena noiosa. 
La storia va avanti, episodio per episodio, scena per scena, lentamente ma senza mai fermarsi, soffermandosi sui particolari, evidenziando ciò che c’è bisogno di evidenziare, non tralasciando nulla, chiudendo una situazione e aprendone un’altra, con la giusta calma e la giusta analisi, ma senza mai diventare, usando un termine grottesco, pallosa. E c’è da dire che anche l’attore Bob Odenkirk è all’altezza di questo apparato. Penso che siamo piuttosto noi amanti di serie tv che siamo troppo abituati alle scene intense e agli episodi ricchi, a volte anche esageratamente, di azione e di emozioni forti.







In questo episodio troviamo un Jimmy McGill che cerca di sfruttare al meglio la pubblicità che si è creato dopo la trovata dell’episodio precedente. Lui rincorre quella carriera tanto agognata e fa di tutto per raggiungerla, ma sembra che sia proprio la carriera a non volergli andare incontro. 

Jimmy va a visitare dei potenziali clienti: un visionario pieno di sé che vuole crearsi uno Stato tutto suo e che promette di ricompensare Jimmy con un milione di dollari che, praticamente, potrà spendere solo in questa ipotetica nuova nazione, un ordinario padre di famiglia che vuole brevettare un ambiguo altoparlante per WC e una poco arzilla signora che deve distribuire equamente le proprie statuette di porcellana tra i vari eredi del suo testamento. Beh, almeno quest’ultima non è una potenziale cliente, è una cliente vera e propria. Infatti lo paga. 140 dollari.








Nel frattempo viene approfondita anche la condizione di Chuck. Dopo che i poliziotti sono entrati con la forza in casa sua (perché ha rubato il giornale della vicina, wow poliziotti, un applauso, non avete altro da fare? Nessun criminale da sbattere in galera? Nessun Tuco da catturare?), Chuck viene esposto alle radiazioni solari e deve essere portato in ospedale. Qui capiamo che è ultrasensibile alle radiazioni elettromagnetiche, ma questa spiegazione non convince la dottoressa, che propone un ricovero psichiatrico. 
Jimmy è riluttante, ma quando Howard, il suo nemico personale e professionale, arriva in ospedale e si mostra riluttante a sua volta, Jimmy capisce che in realtà ad Howard fa paura il ricovero di Chuck perché potrebbe dovergli dare tutti i soldi della loro società che gli spettano. Jimmy a quel punto acconsente al ricovero.

In questo episodio occupa più spazio la figura di Kim, che sembra la spalla di Jimmy, la sua colonna, quella persona che gli dà sempre il consiglio migliore e che gli dice sempre la cosa giusta al momento giusto. E’ proprio lei a suggerire a Jimmy di gettarsi nel campo del diritto per anziani, e anzi, quando Jimmy comunica la decisione a suo fratello, ripete le esatte parole di Kim. Lei è un po’ la sua guida, la sua migliore amica, anche se penso di non essere l’unica a intravedere una futura storia d’amore tra i due… Kim sembra credere in lui, sembra prenderlo sul serio e tra tutti gli amici, i parenti e i colleghi di Jimmy, è l’unica.

E poi c’è Mike, al quale vengono dedicate le ultime scene dell’episodio. Scene che sono proprio come lui, silenziose e solitarie. In cinque episodi Mike avrà proferito cinque frasi, ed è proprio questo che rende il suo personaggio così profondo e affascinante, il fatto che ci sia molto dentro di lui da scoprire e che bisogni scavare a fondo per scoprirlo.
Mike finisce il turno, va a trovare sua figlia (forse?) che a quanto pare ha preso da lui perché non apre bocca, mangia, torna a casa, guarda la tv, solita routine insomma (domanda: ma quando dorme?), finchè la polizia non bussa a casa sua: qui la puntata ci lascia in sospeso, e ci aspettiamo che la prossima sia incentrata soprattutto su Mike e ci aspettiamo soprattutto di scoprire qualcosa di più sul suo conto. 







Penso che questa serie non abbia nulla da invidiare a Breaking Bad; i registi, gli scrittori e tutti coloro che ci lavorano non la considerano come una serie “figlia”, mi sembra che ci mettano lo stesso impegno che ci hanno messo per BB, e penso che ci sia molto da poter sviluppare per poter fare di Better Call Saul una grande serie.

Inoltre Saul è uno dei personaggi più riusciti che io abbia mai visto. Un avvocato pittoresco, furbo, ingegnoso, creativo, per niente stupido e molto molto realistico.

E non dimenticate che… Need a will? Call McGill!

Per oggi è tutto, ci leggiamo al prossimo episodio!


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